
“La rimembranza del piacere si può paragonare alla speranza, e produce appresso a poco gli stessi effetti. Come la speranza, ella piace piú del piacere: è assai piú dolce il ricordarsi del bene (non mai provato, ma che in lontananza sembra di aver provato) che il goderne, come è piú dolce lo sperarlo, perché in lontananza sembra di poterlo gustare. La lontananza giova egualmente all’uomo nell’una e nell’altra situazione; e si può conchiudere che il peggior tempo della vita è quello del piacere o del godimento.”
Giacomo Leopardi – Zibaldone – 1044 – 13 maggio 1821
Ci pensiamo – distanti solo fisicamente – ma ci siamo.
Teniamo strette le emozioni intense, confidiamo nei nostri sogni, tramutandoli in desideri da realizzare.
Pianifichiamo senza perdere tempo ma – ciò che conta sul serio – è che ci ricordiamo di non procrastinare mai. Per nessuna ragione al mondo.
La distanza si abbatte così, con giochi mentali e spaziotemporali.
Non vogliamo l’impossibile, chiediamo solo di abbracciarci senza parole inutili e di poterci stringere: fa bene all’anima.
Abbiamo capelli ricci da far volare al vento, cappelli stravaganti coi quali ripararci dal sole, una distesa di sabbia modesta ma generosa abbastanza da omaggiarci d’una riva marina e tutto l’infinito, là, ad aspettarci.
Non abbiamo più tempo da perdere, conti da regolare, inutili attese da osservare, qualcuno a cui rendere di conto.
Il peggior tempo della vita supponiamo di averlo già conosciuto. Entrambe.
Ha ragione Giacomo: è più dolce cominciare a sperare, con calma ma senza più perdere tempo.
In questo modo, quando anche sembra non esserci una strada, noi ce la tracciamo con la nostra volontà.
A Pat
Paola Cingolani
01/03/2021
@lementelettriche