– Per gli anacoluti, servirsi del cestino.
Ennio Flaiano, tratto da “La Grammatica essenziale”, 1959
• Classificato nelle grammatiche scolastiche come errore, l’anacoluto è in realtà molto diffuso nella nostra e in altre lingue. Ha la sua ragion d’essere nello svolgersi di un discorso costruito dal punto di vista semantico ma non pianificato a livello sintattico. È tipico della comunicazione parlata e risponde alla necessità di procedere più speditamente nella manifestazione e concatenazione delle idee.
Boccaccio, Pascoli, Verga, Manzoni e molti autori hanno usato sapientemente questo vezzo nella letteratura dei secoli scorsi. Oggi – con la facilità con la quale si potrebbero sgranocchiare anacardi – si leggono coloriti anacoluti nel linguaggio digitale che sempre di più si assimila a quello discorsivo. Spesso vengono infarciti discorsi di parole a s-proposito, terminologie volutamente poco leggere: ad effetto. Nell’epoca della cooking concept si impasta persino nell’immenso calderone della rete e vi sono varie scelte di figure retoriche: metafore dolci, amare, salate e… varie-gate.
Il risultato non è dei migliori: rischio comune è scadere – con maniere grevi ed offensive – per coloro che, in quanto professionisti, dovrebbero invece possedere la lingua.
E i concetti diventano concerti di repliche infinite poiché, naturalmente, hanno tutti ragione.
Fatta questa considerazione e senza prendermi troppo sul serio (non vorrei mai, sarei come loro!) affogo le mie amarezze nel solito caffè.